Nella sessione di coaching l’ascolto attivo del coach lascia il tempo necessario al cliente per elaborare il proprio pensiero e raccontarlo, senza farlo indugiare nei ricordi e sollecitando un atteggiamento di esplorazione e costruzione di nuovo significato (perché ho paura, che cosa significa per me questo passo, come mi sono comportato nel passato in situazioni simili,…).
Il linguaggio analogico (grammatica, regole lessicali, etc.) non è adeguato per descrivere una sessione, con le emozioni che si vivono e si scambiano tra i due interlocutori, la consapevolezza che si raggiunge e lo stupore che alle volte si prova per un nuovo pensiero o un nuovo punto di vista su una vecchia situazione.
Ed è proprio questo il punto: la relazione tra cliente e coach si fa costruttrice per il cliente di nuove interpretazioni della sua realtà, con nuove opportunità e risorse.
Il processo di coaching offre così l’opportunità della rivelazione dei propri schemi di pensiero ed azione. Usare quindi meglio le risorse per raggiungere i propri obiettivi, con tecniche che permettono di relazionarsi al qui e ora e alla risoluzione di problemi, piuttosto che rimanere invischiati nel passato o nella lamentela senza costrutto.
Offre lo smascheramento di schemi di pensiero dannosi, originati da bisogni passati che si ripresentano con automatismi nell’oggi e che consentono di slegarsi da comportamenti svantaggiosi, non più né efficaci né necessari nel presente.
Offre la focalizzazione sulle risorse presenti nell’individuo, un riconoscimento ed un miglioramento dell’utilizzo per una crescita dell’autoefficacia nella propria vita, anche utilizzandole come ponte per impiegarle in ulteriori ambiti.
La sessione di coaching è tutto questo e, come già precisato, è molto di più.
Non mi resta che lasciare la parola al commento di una mia cliente: ho trovato spesso spunti di riflessione nuovi, cambi di prospettiva rispetto ai problemi quotidiani, ho preso decisioni e ho fatto scelte che non avrei creduto di fare.