Perché gli altri non si mettono la mascherina?

Stamattina sono andato a fare una passeggiata e c’erano moltissime persone! E allora io sono venuto via, ma loro sono rimasti, tutti insieme…!

Oggi si sentono spesso affermazioni di giudizio negativo nei confronti degli altri, di come sbaglino, di come siano poco cauti o come non seguano il protocollo delineato dal Governo.

Insito nell’animo umano c’è sempre stato il confronto e la critica all’altro: oggi però la situazione che stiamo vivendo mi sembra che abbia inasprito questo aspetto. Elementi quali l’incertezza per il futuro e le difficoltà economiche (anche senza prendere in considerazione gli aspetti importantissimi della salute) ci portano a lamentarci maggiormente, a leggere situazioni con occhi più pessimisti, a cercare un caprio espiatorio per dare la colpa a qualcosa, a qualcuno.

Come mai tendiamo a vedere nell’altro il problema, invece che cercare di essere solidali per farci coraggio insieme?

La psicologia sociale ci viene in aiuto con la teoria della identità sociale. Ognuno di noi infatti si identifica con dei gruppi di appartenenza: la famiglia, gli amici, il lavoro, etc.La consapevolezza di appartenere ad un gruppo ci conduce al sentimento del “noi”, rafforzando la nostra autostima. Infatti, il vantaggio di definire positivamente il proprio gruppo di appartenenza induce a definire positivamente anche noi stessi. Oltre a questo, c’è il sentimento di orgoglio di appartenervi.

Quindi la naturale identificazione col proprio gruppo e di chi non vi appartiene porta al rafforzamento dell’autostima personale, alla valorizzazione del proprio gruppo, ma anche al pregiudizio e alla discriminazione nei confronti degli altri.

Ma chi sono gli altri? Se “noi” sono i membri del mio gruppo, “loro” sono tutti gli esterni al mio gruppo. E qui accade un altro fenomeno: l’omogeneizzazione dell’altro, di colui che non conosco, che non appartiene al mio gruppo. Loroviene quindi raggruppato in un unico gruppo in contrasto. Se noiabbiamo ragione, allora loro(chiunque altro diverso da noi) hanno torto.

Quanto descritto è purtroppo frutto di un meccanismo automatico, poco consapevole, aggravato dal fatto che accade in gruppi consolidati (quali la famiglia, ad esempio) ma anche in quelli effimeri (le mamme dei bambini con cui parlo quando porto i miei figli al parco, ad esempio). In ogni situazione quindi tendiamo a schierarci da una parte e, in questo periodo più che mai, a criticare gli altri.

Che cosa si può fare per uscire da questo meccanismo che come minimo ha lo svantaggio di caricarci di energia negativa, di un fardello di antagonismo sempre più pesante da portare, poiché si somma alle preoccupazioni legate al periodo?

Proprio perché tende ad essere un fenomeno quasi automatico, una prima cosa che aiuta è prendere consapevolezza di quanto facciamo, e riconoscere i limiti della critica a “loro”, gli altri. Già uscire dalla prospettiva automatica di come sbagliano gli altri ci permette di prendere le distanze dalla valanga di negatività che poi ne scaturisce.

Inoltre, si potrebbe provare a differenziare gli altri, per ostacolare l’omogeneizzazione, chiedendosi: Chi ha fatto cosa? E a contestualizzare: In che modo, quando.

Provando a cercare di capire le motivazioni dell’altro, lo conosciamo meglio e l’altro diventa una figura meno ostile, perché meno estranea.

Concludo con una poesia di Ruyard Kipling, 1926

“Papà, mamma e noi

diciamo a costoro

Chi è come noi è Noi

Tutti gli altri sono Loro.

Al di là ci stanno Loro.

Ma com’è che guardan Noi?

Come se fossimo dei Loro!”

 

2020-05-12T15:46:25+00:0012 Maggio , 2020|